Roma, 10. 06. 2014
Aderisco simbolicamente anche io allo sciopero di domani dei miei colleghi lavoratori RAI e ne approfitto per cerare di sfatare alcuni luoghi comuni. Luoghi comuni che ho paura non siano sfatati per mezzo di questo sciopero, ma addirittura aggravati da una superficiale percezione di difesa di privilegi. Già il fatto che Usigrai (sindacato giornalisti) abbia fatto una repentina marcia indietro, chissà in base a quali loro valutazioni o rassicurazioni ricevute, mi fa prevedere che su questo sciopero cali il silenzio o, peggio, la disinformazione, come spesso ho visto accadere quando a scioperare non erano anche i giornalisti.
La RAI è un bene comune e come tale non va svenduto o privatizzato ma valorizzato. Il punto da sottolineare é quest’ ultima parola: valorizzato. Come? Non certo col metodo del saccheggio di Renzi, che è poi la linea di tutti gli ultimi governi: lo Stato svende ai poteri privati. Anche il Fiscal Compact impone che gli Stati debbano far cassa presto. Come il tossico che deve svendere frettolosamente e senza programmazione i gioielli di famiglia per comprarsi la dose che lo fa star bene per un po’, ma non valuta che, finito l’effetto della dose, non gli rimangono più né gioielli né benessere. La linea di condotta è la stessa di quella realizzata nel mio ufficio di Palazzo Marini: il palazzo era dello Stato, poi è stato venduto al privato costruttore (perché privato ,dicono ,funziona meglio…) che ora lo riaffitta a peso d’oro allo Stato. Non c’e’ bisogno di spiegarvi chi ha fatto l’affare e quanto ci costi. Questa condotta del tossico si vuole replicare a quanto pare anche in RAI: fingendo di eliminare gli sprechi, tolgo dei soldi all’improvviso (ai limiti della costituzionalità) a pianificazione già avvenuta. Per recuperare il saccheggio invito a cedere i ponti televisi di RAIWay che, guarda caso, non sono uno spreco ma una delle principali risorse (che potrebbe esser sfruttata ancora meglio dalla RAI,questo si). Sono anni che Berlusconi e altre gruppi imprenditoriali vogliono mettere le mani su questo gioiello pubblico e tutto ha un prezzo,come ad esempio il condurre campagna contro Grillo e lasciar buono Renzi ,facendoci le riforme insieme. Certo che se fosse stato Berlusconi al posto di Renzi a fare questa operazione, ora tutti i finti sinistroidi sarebbero qui ad invocare l’attentato all’informazione di Stato.
Anche semplice ora il giochino per ottenere il saccheggio, perché la RAI, a differenza dell’acqua pubblica, sta un po’ sulle scatole a tutti: servizio pubblico con giornalisti a servizio del potere, stipendi d’oro con i soldi dei cittadini (sul canone andrebbe aperto un altro capitolo: nonostante siano in pochi a pagarlo, va solo in parte alla RAI che per di più è creditrice nei confronti dello Stato di molti arretrati) , sprechi, raccomandazioni, dirigenti lottizzati, appalti e consulenze esterne milionarie. Ma a Renzi non importa come prima cosa di tagliare appalti, consulenze, poltrone o riformare governance, ma propone di vendere i gioielli per sopperire all’ennesimo saccheggio. Dovrebbe essere scontato che le cose in RAI debbano cambiare. Serve un cambio di governance, prima di tutto: una TV pubblica non può essere il “braccio armato” dei partiti, ma dovrebbe rappresentare la voce dei cittadini. E’ insostenibile l’alta concentrazione di poltrone e dirigenze strapagate (il 18% dei giornalisti ha la qualifica di dirigente per citare il caso più eclatante). E’ anche assurdo che si tengano parcheggiate delle risorse professionali interne per far ingrassare gli esterni con appalti costosi. Ma la maggioranza schiacciante dei dipendenti RAI è altro. La RAI è costituita sopratutto da personale (in parte precario da anni) con buste paga dalle 800 alle 1400 euro mensili, che lavora spesso 6 giorni su 7, festivi compresi, sacrificando parte della vita privata, facendo il massimo per realizzare il prodotto finale, compensando con il senso di responsabilità e passione le carenze o i problemi che la grande azienda sta avendo da diversi anni.
È fatta di professionalità tecniche e giornalistiche che hanno reso grande questa azienda e il paese che rappresenta.
Ho avuto l’onore di essere formato nel centro ricerche RAI di Torino dove si investiva in ricerca e dove si è dato un grosso contributo alla nascita del sistema televisivo a colori PAL. Ho lavorato con professionalità che hanno contribuito alla formazione culturale di questo paese o che hanno dato vita a target televisivi presi come riferimento in tutto il mondo.
Professionalità che sono delle risorse ormai lasciate ai margini puntando alla quantità e meno alla qualità.
E’ con tutti loro che voglio scioperare, ma anche con tutti i cittadini ai quali stanno a cuore le sorti del bene pubblico.
Di armi la RAI al suo interno ne ha tante; basterebbe avere la volontà di tornare ad usarle a pieno, invece che saccheggiarle.
Noi tutti abbiamo però una grande responsabilità: avere il coraggio di cambiare rotta, anche a costo di sacrifici costruttivi, con il fine di salvaguardare il bene comune e non altri interessi.