Rifiuti radioattivi, troppi ritardi e costi per i cittadini

La Commissione Ecomafie ha approvato la relazione sui rifiuti radioattivi. È un tema di cui la Commissione negli anni si è sempre occupata, svolgendo  un importantissimo ruolo di monitoraggio, approfondimento e controllo. Per riassumere in poche parole il contenuto di questa relazione, sottolineo che sulla questione nucleare in Italia servono più risorse stanziate, più efficienza e più trasparenza. Non mancano invece, e anzi vanno assolutamente ridotti, i ritardi e i costi a carico dei cittadini. Ecco le principali criticità che abbiamo individuato, e possibili soluzioni da mettere in campo.

Gli anni passano, le scorie restano (e vanno gestite!)

All’inizio di gennaio 2021 è stata pubblicata la CNAPI, ma il percorso per arrivare al deposito nazionale è ancora lungo. I ritardi si sono accumulati, con conseguenze e un aumento dei costi su vari fronti:

  • mantenimento in sicurezza di strutture in realtà da smantellare,
  • proliferare di depositi temporanei, con costi per il loro adeguamento periodico,
  • necessità di sottoporre di nuovo a trattamento rifiuti immagazzinati da lungo tempo,
  • incremento delle tariffe per la gestione dei rifiuti e delle sorgenti esaurite e
  • aumento della spesa per l’utilizzo delle sorgenti in campo medico, industriale e di ricerca,
  • difficoltà di assicurare il soddisfacimento di obblighi internazionali, come il rientro dei residui delle attività di ritrattamento del combustibile esaurito svolte all’estero.

Probabilmente anche tra i cittadini italiani, che sono chiamati a finanziare le attività in corso e che subiscono anche i conseguenti aumenti dei costi, non c’è sufficiente consapevolezza. Questa lacuna va colmata.

Ministeri e istituzioni in ordine sparso: bisogna coordinarsi e lavorare insieme

Uno dei focus della Commissione sono state le condizioni in cui lavorano i diversi organismi che hanno un ruolo in tema rifiuti radioattivi. Tra i Ministeri serve maggiore coordinamento e maggiore concertazione.

Senza un ispettorato efficiente il controllo è azzoppato. L’Isin ha bisogno di più personale  e più risorse: il Parlamento intervenga!

L’Isin, l’Autorità di controllo in questo campo, opera in condizioni preoccupanti: il personale e le risorse non sono sufficienti e questo indebolisce il lavoro dell’Ispettorato. Il Parlamento dia urgentemente risposte su questo aspetto, la sicurezza nucleare deve essere una priorità.

Il tempo è denaro: la durata del decommissioning si allunga e i costi lievitano

È necessario che Sogin, la società pubblica competente per il decommissioning, migliori la sua efficienza. Negli anni passati, i programmi di disattivazione degli impianti, di volta in volta prodotti dalla Sogin, non sono stati rispettati ed i costi previsti per concludere queste attività sono cresciuti nel tempo. Per esempio, l’anno di raggiungimento previsto delle condizioni di “brown field” per tutti i siti era il 2019 nel Piano del 2008, mentre è il 2035 in base alle ultime informazioni comunicate da Sogin nel 2020, con costi passati da 4,5 a 7,9 miliardi di euro.

I costi di disattivazione sono coperti attraverso una componente tariffaria a carico della bolletta dei clienti elettrici. Di anno in anno le erogazioni variano; ad esempio, nel periodo tra il 2012 ed il 2018, dalla componente tariffaria specifica sono stati effettuati prelievi variabili tra i 100 ed i 400 milioni di euro all’anno. I costi associati a ogni anno di ritardo nelle attività di decommissioning, legati al mantenimento in sicurezza dei siti, sono stimati tra 8 e 10 milioni di euro per ciascuno di essi, senza contare i rimanenti costi “fissi” della Sogin.

 

Basta incertezze, i troppi vuoti normativi vanno riempiti

Un’altra criticità osservata dalla Commissione riguarda le lacune normative, a partire dai decreti attuativi mancanti. Il decreto legislativo 101/2020 ha recepito la direttiva 2013/59 Euratom, che contiene importanti aggiornamenti in materia di radioprotezione, e ha risolto altri problemi emersi nell’applicazione delle leggi precedenti. Il testo finale del decreto legislativo presenta tuttavia errori materiali, carenza di norme transitorie e altre inesattezze. Altro aspetto critico riguarda la mancata entrata in vigore degli emendamenti alle Convenzioni sulla responsabilità civile nel campo dell’energia nucleare, per la mancata emanazione di un decreto interministeriale.

Quanto spazio c’è in Italia per i rifiuti radioattivi? di preciso nessuno lo sa

È particolarmente importante che, in attesa della realizzazione del deposito nazionale, ci sia spazio adeguato per i rifiuti prodotti da attività diverse dal decommissioning, come quelle medico-sanitarie e di ricerca scientifica. A febbraio 2020, ENEA ha comunicato alla Commissione che le disponibilità totali di immagazzinamento dei rifiuti radioattivi erano pari a 1.872 mc per rifiuti solidi e liquidi. Disponibilità che dovrebbero aumentare nel medio termine fino a circa 4.000 mc, considerando la realizzazione di nuove strutture e ottimizzazioni. Questi spazi si basano sul presupposto che operatori privati (in genere società a responsabilità limitata) continuino a svolgere la propria attività, mentre lo spazio disponibile presso la Nucleco (società acquisita da Sogin) sarebbe, nel prossimo futuro, si poco più di 1.000 mc. Non sono disponibili invece dati ufficiali sulle capacità degli altri operatori autorizzati. Il decreto legislativo 101/2020 ha posto le premesse per un tracciamento completo e tempestivo del flusso di rifiuti radioattivi. Adesso però questa legge va messa in pratica, e non si può temporeggiare.

Sorgenti orfane: tra sprechi e mancanza di dati, c’è ancora tanto da fare

Le “sorgenti orfane” sono materiali ad elevato livello di radioattività, che non sono sottoposti a controlli da parte delle autorità o perché non lo sono mai stati o perché sono stati abbandonati, smarriti, rubati, collocati in un luogo errato. La gestione delle sorgenti orfane è un compito dell’ENEA. Una legge del 2007 prevedeva la creazione del Registro nazionale delle sorgenti e del piano programmatico triennale di recupero delle sorgenti orfane, ma niente al momento è stato fatto.

Sul tema delle sorgenti, vorrei anche raccontarvi di questa storia gravissima: 30 portali radiometrici sono stati installati in 25 punti di frontiera e dal 2003 non sono mai entrati in funzione per mancati accordi tra Ministeri o per l’inadeguata pianificazione delle risorse necessarie per la fase di gestione. Il legislatore chiede dal 1996 che ci si attivi per la prevenzione del rischio di esposizioni accidentali. Mentre i cittadini pagano attraverso la tariffa elettrica il decommissioning, non è tollerabile che si buttino via i soldi pubblici in questo modo.

Siti critici: i ritardi sono tanti e producono costi, ma la coperta spesso è corta

La Commissione ha ricostruito la situazione in alcuni siti più critici, dove sono presenti rifiuti radioattivi, e proseguirà a monitorare gli interventi in corso. Tra gli altri, la Commissione ha esaminato la vicenda del deposito LivaNova Site Management di Saluggia, su cui è in corso un’inchiesta della Procura di Vercelli sull’interramento di fusti. Prosegue il lavoro di monitoraggio del deposito CEMERAD di Statte, la cui gravissima situazione è stata portata alla luce proprio dalla Commissione nella scorsa legislatura. Qui le bonifiche stavano procedendo, ma sono state in gran parte interrotte per la mancanza di ulteriori fondi. Una parte considerevole di fusti è stata allontanata, ma in assenza di risorse è stata sospesa la vigilanza armata del sito. Auspico che Parlamento e governo intervengano per una rapida soluzione del problema.

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