Le Foibe dei rifiuti
Le Foibe dei rifiuti: mia segnalazione su il Fatto Quotidiano per disastro ambientale nelle grotte del Carso
Appena sono entrato nella grotta ho provato un senso di nausea non tanto per l’odore degli idrocarburi, ma per l’indifferenza decennale delle Istituzioni che sapevano e nulla hanno fatto fino ad oggi. Quella grotta è solo la punta di un iceberg: sono le foibe dei rifiuti. Centinaia di grotte e insenature riempite come discariche.
Per rispondere alle allarmanti segnalazioni dei cittadini mi sono recato nelle grotte del Carso, vicino a Trieste e ho trovato una discarica che nonostante le denunce iniziate nel 1994 non risulta censita tra quelle abusive del Paese dell’elenco trasmesso all’Unione europea. Ho visitato quella denominata “Caverna presso la 17 VG” (n. catastale 1423/4362 VG), che è risultata pesantemente compromessa da un ingente inquinamento da idrocarburi. Il sito è isolato nel bosco.
Non appena entrato, mi sono ritrovato di fronte ad un lago nero e viscoso, con riflessi cangianti, da cui emergono massi sporchi di catrame e carcasse di vecchi pneumatici e fusti, impantanati nel materiale appiccicoso. Non si tratta di una scoperta sensazionale ma di una realtà già nota agli speleologi, segnalata ai media e registrata nel catasto regionale delle grotte. Questa grotta è stata utilizzata come punto di scarico per lo smaltimento di residui oleosi.
L’isolamento della grotta nel bosco ed il facile accesso dalla strada asfaltata , con un sentiero nell’ultimo tratto, hanno favorito questa attività illecita che si è protratta probabilmente per molti anni.
La Società Adriatica di Speleologia ha redatto una scheda tecnica su questa grotta, in cui si precisa: “Non sappiamo esattamente quanto sia alto lo strato del materiale inquinante che è stato gettato in questa caverna utilizzando l’imboccatura del pozzetto, ma di sicuro nulla è mai stato fatto per ovviare a tale piccolo disastro ecologico ed appare evidente come gli agenti inquinanti non possano che insinuarsi lentamente nel sottosuolo, fino a raggiungere la sottostante falda acquifera del fiume Timavo”.
A chi interessa questo disastro ecologico se non si vede? Niente di più conveniente, per liberarsi di rifiuti pericolosi il cui smaltimento per vie legali è costoso, delle cavità naturali del Carso triestino. Il fenomeno, nella sua pericolosità, sembrava essere stato preso sul serio quando il 1 agosto 2014 con la delibera 35 il Comune stanziava 30mila euro per condurre indagini sullo stato di salute delle grotte carsiche, poiché tutti sanno che sono inquinate.
Furio Premiani, presidente della Federazione speleologica triestina, denuncia che ad un anno dallo stanziamento di quei fondi non è stato fatto nulla e precisa: «Se nessuno si muove le nostre grotte potrebbero lentamente diventare un serio pericolo per le falde acquifere». I 30mila euro dovevano servire per eseguire indagini conoscitive sullo stato di inquinamento delle grotte nel Comune di Trieste e per effettuare il censimento di almeno 50 cavità, fornendo per ogni grotta inquinata una relazione dettagliata su tipologie e quantità degli inquinanti. Premiani spiega che l’assessore all’Ambiente Laureni – dopo aver consultato i propri tecnici – ha fatto sapere alla Federazione speleologica che sarebbe stata l’Arpa, per competenza, a svolgere le indagini conoscitive sullo stato di inquinamento delle grotte ,per valutare l’entità del problema e programmare eventuali interventi di bonifica.
Tre sono quindi gli enti della vicenda, che si rilanciano la palla in un assurdo balletto delle responsabilità: Comune di Trieste, Regione e Arpa.
Dopo un anno, i 30 mila euro non sono stati spesi, ma tutto è inesorabilmente fermoperché è indispensabile, prima di avviare l’operazione, approfondire le caratteristiche dei rifiuti che si trovano nelle grotte che gli speleologi si accingono a pulire. L’approfondimento chimico delle sostanze presenti spetta all’Arpa che sembra a questo punto il nodo cruciale di tutta la questione.
Il 10 giugno 2015 è arrivata una risposta ufficiale dell’Arpa:«Arpa segnala la propria disponibilità ad effettuare in laboratorio la caratterizzazione dei campioni eventualmente prelevati nelle cavità e non è invece in grado di effettuare i prelievi dei campioni di materiale inquinante e di rifiuti all’interno delle cavità, dov’è possibile la presenza di esplosivi, sostanze asfissianti o tossiche. Tali prelievi potrebbero essere effettuati da altri organismi come, ad esempio, Vigili del Fuoco o Polizia. In tal senso verrà inviata a stretto giro di posta una comunicazione ufficiale al Comune di Trieste»
Questo scaricabarile di responsabilità tra Comune di Trieste,Regione Friuli Venezia Giulia e Arpa ha creato una situazione assurda, anche alla luce della legge sugli Ecoreati approvata recentemente, in cui si parla reati di omessa bonifica e impedimento di controlli.
Ora con la Commissione ecomafie invieremo una lettera alla Serracchiani: o si decide a fare qualcosa o interverremo noi da Roma. Contestualmente, i consiglieri M5S-Friuli stanno depositando una mozione che impegni la Regione ad assumersi le proprie responsabilità e ad iniziare la bonifica.