La truffa dei nuovi inceneritori
Validi tecnici, con alcuni dei quali ho il piacere di collaborare, hanno riassunto perfettamente in queste note critiche in calce l’artifizio dei calcoli firmato dal Ministro Galletti (uno dei Ministri meno competenti in ambiente degli ultimi anni) per giustificare la creazione di nuovi inceneritori.
Lo schema di decreto applicativo dell’art.35 del c.d. “Sblocca-Italia” contiene infatti diversi errori.
1) L’obbligo di pretrattamento dei rifiuti va rispettato mediante sistemi di trattamento termico ed il rifiuto urbano residuo (RUR) deve dunque passare attraverso sistemi di incenerimento (o co-incenerimento): questo non è condivisibile, né corretto, in quanto non c’è nulla che attesti un tale obbligo nelle Direttive UE, mentre esistono invece altri sistemi di pretrattamento.
2) Molti passaggi di calcolo sono artificiosamente errati, con il solo scopo strumentale di massimizzare il calcolo delle necessità di ulteriore incenerimento.
3) Nello schema di Decreto non si prendono in minima considerazione gli scenari incrementali di recupero materia attualmente in discussione a livello UE, nel corso del dibattito sulla “Economia Circolare”, riassunti nel motto “ricicliamo di più, inceneriamo di meno”.
In pratica, con questo decreto attuativo si stravolgono i calcoli e le gerarchie europee mettendo dei paletti alla raccolta differenziata e al riciclo. Non c’è nessun obbligo di bruciare l’indifferenziato da parte dell’Europa; le ultime tecniche come le ‘Fabbriche dei Materiali’ possono trasformarlo in nuova materia.Il decreto attuativo dell’articolo 35 dello Sblocca Italia è una truffa per giustificare nuovi inceneritori pagati dai cittadini per ingrassare le lobbies.
La nostra proposta gestione rifiuti (Legge rifiuti 2.0), interpreta invece i nuovi indirizzi europei di economia circolare che punta al recupero di materia e alla riduzione dei rifiuti.
Potete leggere in dettaglio le note critiche redatte da questi illustri esperti e ricercatori, che agiscono in sostegno delle azioni per un’ evoluzione virtuosa dei sistemi di gestione dei materiali post-consumo.
Prendete le loro osservazioni come base per sbugiardare questa truffa!
03/09/2015
Note critiche sullo schema di decreto applicativo dell’art.35 del c.d. “sblocca-Italia”.
Lo schema di decreto è costruito in modo da valutare le “necessità di ulteriore capacità di incenerimento” nelle diverse aree.
Il documento presenta diversi errori, sia concettuali che fattuali:
A) sul piano generale (errore di impostazione concettuale): lo Schema di Decreto
presuppone di volere rispondere alle criticità presenti sul territorio nazionale, onde
evitare procedure di infrazione per mancato rispetto delle Direttive. Ci si riferisce, con ogni evidenza, alla Direttiva 99/31 sulle discariche, ed in particolare al mancato rispetto (in alcune parti del territorio nazionale) dell’obbligo di pretrattamento, sancito dall’art.6, punto a) (“solo il rifiuto trattato viene collocato in discarica”, obbligo poi ripreso dal Dlgs. 36/03 di recepimento della Direttiva). Il problema è che lo Schema di Decreto assume che tale obbligo vada rispettato mediante sistemi di trattamento termico, e che il rifiuto urbano residuo (RUR) debba dunque passare attraverso sistemi di incenerimento(o co-incenerimento): questo non è condivisibile, né corretto, in quanto non c’è nulla che attesti un tale obbligo nelle Direttive UE, ed esistono invece altri sistemi di pretrattamento.
B) nel merito tecnico (errori e distorsioni fattuali) tanti passaggi di calcolo sono errati, artificiosamente errati, ed al solo scopo strumentale di massimizzare il calcolo delle necessità di ulteriore incenerimento. Tra le distorsioni di calcolo ed assunti erroneifondamentali elenchiamo:
– si assume il conseguimento del 65% di RD (e non un decimo di percentuale di più,
come se tale livello fosse il livello massimo e non minimo di RD previsto dalle
disposizioni nazionali; sappiamo invece che ulteriori scenari virtuosi e livelli
incrementali di RD si aprono sempre, quando si consolidano schemi basati su RD
porta a porta e tariffazione puntuale)
– non si tiene conto di quei Piani Regionali che già da tempo prevedono comunque
obiettivi di RD superiori, ed in certi casi (es. Veneto) marcatamente superiori al 65%:le Regioni verranno costrette a rivederli al ribasso?
– non vengono minimamente considerati gli effetti quantitativi di programmi di
prevenzione/riduzione del rifiuto (si assume solo una “invarianza del quantitativo di
RU”), che sono però resi obbligatorio dalla Direttiva 2008/98, art. 29 (la citazione delle Direttive da parte del documento è dunque decisamente sbilanciata, e l’impianto del documento stesso ci mette a rischio infrazione quando invece dichiara di volerle evitare) o dallo stesso Programma Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti, incluse le indicazioni fornite dal Comitato Tecnico Scientifico per l’attuazione del Programma Nazionale di Prevenzione viene impropriamente computata una necessità di incenerimento del 10% dei materiali da raccolta differenziata, quandoo le percentuali di scarti, nei modelli domiciliari (quelli di riferimento per ilconseguimento degli obiettivi nazionali di RD e soprattutto per quelli incrementali ora in discussione nell’ambito del dibattito su Economia Circolare a livello UE) sono inferiori, a volte marcatamente inferiori.
– non tutti gli scarti da attività di riciclaggio sono inceneribili (es. scarti da
vetrerie)
– gran parte degli scarti inceneribili sono anche, in modo più coerente con le
gerarchie UE, e con migliore profitto economico, riciclabili (es. plastiche
eterogenee)
– si assume una produzione del 65% di CSS dagli impianti di pretrattamento (dato
artificiosamente al rialzo, rispetto alla realtà degli stessi impianti di preparazione CSS, che pure non rientrano nelle strategie che noi condividiamo)
– pur non condividendo noi la strategia del co-incenerimento, occorre rilevare che gli stessi quantitativi avviati a co-incenerimento, che vanno dunque in detrazione al
computo delle necessità complessive di incenerimento, sono largamente sottostimati,
essendo basati sui dati 2013 che non tengono conto degli effetti incrementali
determinati dal “Decreto Clini” nell’ultimo biennio
– soprattutto, non si prevedono assolutamente scenari operativi alternativi, come gli impianti a freddo con recupero di materia (cosiddette “Fabbriche dei Materiali”) che non solo sono praticabili e praticati, anche per la riconversione di vecchi impianti di TMB (per i quali lo Schema di Decreto assume invece la continuazione della produzione di CSS), ma si stanno diffondendo nelle programmazioni locali in molte parti d’Italia in modo da rispondere da subito all’obbligo di pretrattamento o farlo secondo declinazioni virtuose e rispettose della primazia del recupero materia
– farlo con minore impegno di risorse finanziarie per unità di capacità operativa installata (i costi di investimento specifici di tali impianti sono di 300-500 Euro/t.anno, contro 1000-1500 Euro/t.anno necessari per gli impianti di incenerimento) il che consente di riservare maggiori risorse alla attivazione dei sistemi di RD ed all’impiantistica dedicata al riciclo ed al compostaggio
– mantenere flessibilità nel medio-lungo termine, grazie alla convertibilità di
tali impianti a trattare materiali da RD, il che consente di accompagnare la
crescita delle raccolte differenziate e la minimizzazione progressiva del
RUR
C) infine, e questo è il maggiore difetto di analisi dello Schema di Decreto (errore di
prospettiva), non si prendono neanche in minima considerazione gli scenari
incrementali di recupero materia attualmente in discussione a livello UE, nel corso del dibattito sulla “Economia Circolare”; scenari che con ogni probabilità porteranno ad un aumento degli obiettivi di recupero materia (70% rispetto all’attuale 50%, assunto dallo Schema di Decreto). Evidentemente, la cosa non potrà coesistere con una situazione di infrastrutturazione “pesante”, come previsto dallo Schema di Decreto, mediante impianti che richiedono alimentazione con flussi di RUR garantiti per 20-30 anni. Questo sarebbe lo stesso errore fatto negli anni ’90 dai Danesi, che tuttavia se ne sono accorti e non a caso hanno adottato una strategia nazionale di gestione delle risorse che prevede ora una “exit strategy” dall’incenerimento al grido di “ricicliamo di più, inceneriamo di meno”.
Natale Belosi – Coordinatore Scientifico Ecoistituto di Faenza
Agostino Di Ciaula- Medico, Coordinatore Comitato Scientifico ISDE – Medici per l’Ambiente
Enzo Favoino- Scuola Agraria del Parco di Monza, Coordinatore Scientifico ZWE – Zero Waste Europe
Beniamino Ginatempo- Professore Ordinario di Fisica, Università di Messina
Andrea Masullo- Ingegnere Ambientale, Direttore Scientifico Greenaccord
Piergiorgio Rosso-Ingegnere Esperto Sistemi Industriali
Federico Valerio- Chimico Ambientale