COMUNICATO STAMPA
Roma, 16 dicembre 2020 – La Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati (Commissione Ecomafie) ha audito oggi il direttore generale di Ispra Alessandro Bratti, accompagnato dall’esperto del Dipartimento per il Servizio Geologico d’Italia, Fiorenzo Fumanti. L’audizione si è focalizzata sugli impatti ambientali dell’attività mineraria, tematica che la Commissione ha deciso di approfondire sulla base anche degli spunti emersi nell’inchiesta sull’inquinamento da mercurio del fiume Paglia.
Gli auditi hanno riferito che nel 2012 la proprietà delle miniere è stata trasferita dallo Stato alle Regioni, già competenti dal 1998 per la gestione amministrativa dei permessi di ricerca e le concessioni di coltivazione. Tali cambiamenti, secondo quanto riferito, essendo avvenuti in assenza di un quadro normativo aggiornato e di indirizzo delle attività, hanno generato sia sistemi di pianificazione, autorizzazione e controllo diversificati che sistemi di raccolta e gestione delle informazioni eterogenei. Secondo quanto riferito, in Italia dal 1870 ad oggi sono stati in attività 3.015 siti minerari, interessando tutte le regioni, 93 province e 889 comuni. Nel 2018, a fronte di 120 concessioni di miniera ancora in vigore, 69 risultavano realmente in produzione, soprattutto in Sardegna, Piemonte e Toscana. Alcune attività minerarie al momento interrotte potrebbero riprendere nei prossimi anni a fronte dell’elevata domanda.
Gli auditi hanno spiegato che criticità ambientali sono connesse all’operatività delle miniere, ma ancor più alle centinaia di siti minerari abbandonati. Secondo quanto riferito, le miniere attualmente operanti sul territorio nazionale sono solo di minerali non metalliferi, la cui estrazione è meno impattante rispetto a quelli metalliferi. Tali siti, è stato riferito, sono soggetti ai controlli di polizia mineraria effettuati dalle Regioni, avvalendosi delle Arpa competenti relativamente ai controlli ambientali. Rispetto invece ai siti oggi non più produttivi, gran parte di essi sono stati gestiti, secondo quanto riferito, con scarsa attenzione alla prevenzione e al contenimento dell’impatto ambientale, con abbandono di ingenti quantitativi di scarti minerari. Gli auditi hanno spiegato che elevati quantitativi di metalli pesanti e sostanze tossiche sono contenuti nei bacini di decantazione dei fanghi di laveria, impianti in cui il materiale estratto veniva frantumato, macinato e flottato in acqua: tali bacini costituiscono potenziali sorgenti di danno ambientale per il possibile rilascio dei fanghi contaminati a causa di perdite o crollo delle strutture di contenimento. Per la loro intrinseca pericolosità, gli auditi hanno riferito che i bacini di decantazione devono essere messi in sicurezza ed essere oggetto di continuo controllo. I rappresentanti di Ispra hanno riferito che quantitativi importanti di metalli sono contenuti anche nelle discariche minerarie, nella maggior parte rappresentate da cumoli a cielo aperto e soggetti agli agenti esterni, con fenomeni di drenaggio acido, fenomeni erosivi e innesco di frane. Secondo quanto riferito, la vigilanza dei depositi di rifiuti estrattivi rientra nei compiti di polizia mineraria ed è in carico alle strutture regionali preposte.
Gli auditi hanno infine spiegato che il d.lgs. 117/2008, provvedimento con cui si è recepito l’apposita direttiva europea relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive (2006/21/CE), ha istituito l’Inventario nazionale delle strutture di deposito dei rifiuti estrattivi, gestito da Ispra. Secondo quanto riferito, nel 2017 (ultimo dato disponibile in attesa del prossimo aggiornamento previsto nel 2021) erano presenti in Italia 321 strutture di deposito con rischio ecologico-sanitario da medio-alto ad alto.
«Ad oggi manca un quadro completo degli impatti ambientali dell’attività mineraria, di cui spesso si sono presi in considerazione gli aspetti economici più di quelli ecologici. Per questo la Commissione ha deciso di approfondire il tema. L’Italia ha alle spalle una lunga tradizione mineraria: è importante capire qual è l’eredità ambientale in termini di inquinamento e come questo viene monitorato e gestito», dichiara il presidente della Commissione Ecomafie Stefano Vignaroli.