Gessi rossi: trovato l’inquinamento, la legge lo mantiene

Approfondendo la gestione dei gessi rossi in provincia di Grosseto, la Commissione si è trovata davanti un caso emblematico di cattiva amministrazione. La gravità di questa storia è chiara: trovato l’inquinamento, la legge lo ha mantenuto. Parliamo di enormi quantità di rifiuti industriali che dovevano andare in discarica, e invece vengono usati dal 2004 per il ripristino ambientale di una ex cava. Così hanno inquinato il terreno e due falde acquifere. Il tutto con il benestare della Regione Toscana e delle istituzioni centrali.

Ma prima di analizzare come tale inquinamento è stato consentito per anni, vorrei fare un passo indietro e spiegare che cos’è questo rifiuto. Tutto nasce dalla produzione del biossido di titanio che avviene nello stabilimento della multinazionale Venator a Scarlino, in provincia di Grosseto.

I “gessi rossi” infatti si ottengono unendo due tipi diversi di rifiuti: i fanghi rossi, scarto di produzione del biossido di titanio appunto, con la marmettola, scarto di lavorazione del marmo di Carrara, aggiunta con funzione di stabilizzante. Per ogni tonnellata di biossido di titanio, prodotto in Italia solo nello stabilimento di Scarlino, si generano sei tonnellate di gessi rossi, che devono essere smaltite.

Dal 2004 gran parte dei gessi rossi sono stati conferiti nella cava esaurita di Poggio Speranzona, situata a circa 20 chilometri di distanza dallo stabilimento, vicino alla riserva statale della Marsiliana. Parliamo di enormi quantitativi: in media circa 200mila tonnellate all’anno, per oltre 3 milioni di tonnellate complessive. Dal lunedì al venerdì, ogni giorno 70 camion hanno portato questo rifiuto per uno pseudo ripristino ambientale. In realtà, si è continuato a inquinare per anni i terreni e la falda.

Come è stato possibile prolungare questo inquinamento per oltre 15 anni? Con provvedimenti ad hoc.

Quando infatti si è visto che i gessi non rispettavano i parametri di legge, semplicemente si sono cambiate le leggi. Tra il 2006 e il 2017 ci sono state tre differenti deroghe per le concentrazioni di solfati, cloruri e cromo e vanadio: nei primi due casi tramite provvedimenti statali, nel terzo attraverso una legge regionale.

La cosa giusta da fare era ed è smaltirli in discarica, sono rifiuti speciali inquinati e non possono essere recuperati in nessun modo. Mi auguro che finalmente, grazie al lavoro della Commissione, questo inquinamento finisca e si opti per la discarica. Ma so che si stanno cercando nuove cave.

La Commissione ritiene che le norme derogate sui requisiti dei gessi rossi siano illegittime e che per tutti questi anni ci sia stata una grave omissione da parte di tutti gli enti di controllo, che non hanno fermato l’uso dei gessi rossi depositati sui terreni, nonostante vi fossero tutte le evidenze della gravità dell’inquinamento che essi stavano provocando.

Sulla gestione dei gessi rossi sono anche state svolte approfondite indagini dai Carabinieri Noe e dai Carabinieri forestali di Grosseto. Il fascicolo dell’inchiesta è stato trasmesso dalla Procura di Grosseto alla Direzione distrettuale antimafia di Firenze nel 2015. Quest’ultima ha fatto sapere alla Commissione a novembre 2020 di aver attivato accertamenti tecnici coperti da segreto. Mi auguro vivamente che un caso di inquinamento come questo riceva la giusta attenzione da parte dell’autorità giudiziaria e non venga archiviato. Spero anche che il lavoro della Commissione possa finalmente mettere la parola fine a questa storia. Basta cercare nuove cave esaurite da riempire con i gessi rossi: è tempo che questo rifiuto speciale venga smaltito correttamente in discarica ed è necessario cancellare le deroghe introdotte nel tempo.

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