COMUNICATO STAMPA
Roma, 02 aprile 2019 – La Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati questa mattina ha audito il responsabile dell’area nazionale di Caritas italiana Francesco Marsico, accompagnato da Monica Tola. L’audizione si inserisce nell’ambito dell’inchiesta avviata dalla Commissione sulla filiera degli abiti usati, in cui sono attive diverse Caritas diocesane per quanto riguarda soprattutto la raccolta. Un settore a cui la Commissione ha rivolto la sua attenzione considerando le criticità e la presenza di illeciti, già evidenziati dalla Direzione Nazionale Antimafia. Quest’ultima scriveva nella sua relazione del 2014 che indagini della DDA «hanno dimostrato come buona parte delle donazioni di indumenti usati che i cittadini fanno per solidarietà finiscono per alimentare un traffico illecito dal quale camorristi e sodali di camorristi traggono enormi profitti». I rappresentanti di Caritas italiana hanno riferito in merito alle attività delle diocesi nel settore e fornito informazioni sull’utilizzo del marchio Caritas, apposto in certi casi sui cassonetti stradali per la raccolta degli abiti usati. Secondo quanto dichiarato dagli auditi, una parte delle Caritas locali riceve gli abiti usati solo sotto forma di donazioni nelle parrocchie, senza avere alcuna attività riferibile ad indumenti raccolti tramite i cassonetti; un’altra parte utilizza abiti usati e nuovi per promuovere esperienze di inclusione sociale. Una parte delle Caritas diocesane, invece, hanno spiegato gli auditi, collabora con associazioni o cooperative sociali per la raccolta di indumenti sul territorio diocesano attraverso cassonetti gialli, di proprietà o in convenzione, con o senza marchio Caritas, per poi conferirli a imprese attive nella selezione e rivendita sul mercato italiano ed estero. Parte degli introiti, hanno riferito gli auditi, viene destinata dalle Caritas a progetti sociali. Secondo quando dichiarato da Marsico e Tola, da circa un anno Caritas italiana sta lavorando a una ricognizione sull’utilizzo del marchio sui cassonetti gialli. Gli auditi hanno spiegato che Caritas italiana collabora con le Caritas diocesane ma non è responsabile rispetto al loro operato, né è in grado di fornire dati sulle attività di raccolta di indumenti usati delle singole realtà. Secondo quanto riferito dagli auditi, per Caritas italiana risulta molto complicato tenere sotto controllo l’attività delle parrocchie su questi ambiti. Marsico e Tola hanno spiegato che il coordinamento tra le realtà diocesane rispetto alle attività di gestione degli abiti usati è fuori dal compito istituzionale di Caritas italiana, pur essendo essa stessa titolare del marchio, e rappresenta un costo che questa non può permettersi.